L’affido familiare, questo sconosciuto

Ubi Minor
Coordinamento associativo per la tutela
e la promozione dei diritti dei bambini

In questi ultimi mesi, a seguito di fatti gravi emersi nelle cronache e su cui sta indagando la magistratura, si è registrata una serie di interventi su alcuni giornali e sui social che sembrano mirare alla demonizzazione dell’affido, soprattutto nelle comunità familiari, riportando considerazioni e dati non corretti che dimostrano la scarsa conoscenza della complessa realtà dell’affido di minori, ma purtroppo sembra che la conoscenza dei problemi sia cosa secondaria rispetto agli obiettivi di chi scrive.

Per questo come Ubi Minor (Coordinamento associativo per la tutela e la promozione dei diritti dei bambini che opera in Toscana) riteniamo giusto fare sentire la nostra voce e riportare alcuni dati che consentono una visione più realistica del panorama che riguarda la difficile realtà dei minori in affidamento.

Il nome che il coordinamento si è dato vuole proporre un ribaltamento di prospettiva in materia di tutela dei diritti dell’infanzia e significare che il diritto dell’adulto deve cedere il passo di fronte al preminente interesse del bambino;  vuole anche indicare che, laddove vi è un minore in difficoltà, è necessario che si investano risorse e si sviluppi un coordinamento di interventi a sua difesa.

Sia chiaro che chi sbaglia deve pagare e che i controlli in questo ambito così delicato devono essere ampliati e moltiplicati,  ma ciò che non vorremmo accadesse è che il racconto giornalistico di vicende drammatiche porti le persone a guardare  con diffidenza all’affido,  che invece rimane lo strumento elettivo per inserire i bambini in contesti adeguati alla loro crescita allontanandoli da situazioni familiari difficili e compromesse per vari motivi che non sta certo a noi giudicare.

Purtroppo quello che come associazioni e famiglie affidatarie abbiamo imparato a conoscere negli anni e che invece non emerge se non nei pochi casi che arrivano,  spesso troppo tardi,  alla cronaca è il grande numero dei minori vittime di maltrattamenti in famiglia o che hanno assistito a violenze familiari (vedi tutti i casi che finiscono con un femminicidio)  o ancora  che hanno subito abusi sessuali anche della famiglia naturale.

Per la Toscana tutti i dati sono reperibili presso il Centro Regionale Toscano di documentazione per l’infanzia e l’adolescenza; da questi dati risulta che solo nel 2016 in Toscana i bambini maltrattati in famiglia sono stati 1920  di cui il 75%  italiani  e il 25%  stranieri, mentre i minori vittime di abusi sessuali in famiglia,  sempre nel 2016,  sono 123  almeno quelli emersi di cui il 70% italiani e il 30% stranieri , mentre il 83% femmine.

Come si vede le cifre sono impressionanti e ancora di più se riportate a livello nazionale,  pertanto non è corretto affermare,  come ha fatto qualche giornalista,  che i soldi spesi per gli affidi di questi bambini dovrebbero essere dati alle loro famiglie di origine,  perché come dimostrano i dati riportati non sono certo le difficoltà economiche la ragione dell’allontanamento dei minori.

Quando in una famiglia ci sono solo difficoltà economiche non accompagnate da incapacità di accudimento o da maltrattamenti nei confronti dei bambini, i servizi sociali attivano tutta una serie di interventi a sostegno delle famiglie, sia di natura economica che di assistenza domiciliare e socio educativa.

Inoltre non è corretta nemmeno la cifra di “30.000 minori nelle case-famiglia” perché sulla base dei dati del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali (2014)  risultano affidati 26.420 minori di cui 14.020 in famiglie  e 12.400 in case famiglia.

In un articolo si parla di “un business che si finge accoglienza”, ma come si vede dai dati sopra riportati meno della metà dei ragazzi allontanati dalle famiglie naturali è accolto in strutture e chi scrive evidentemente non conosce la complessità delle situazioni di tanti minori che, specialmente se preadolescenti o adolescenti, hanno necessità di interventi di educatori professionali e psicologi che le famiglie affidatarie non potrebbero garantire.

Inoltre saranno forse anche 10.000 le coppie in attesa di adozione, ma i ragazzi che vanno in affidamento familiare non sono adottabili proprio perché c’è la speranza che,  con un progetto di lavoro complessivo, possano rientrare nelle famiglie di origine e proprio per questo i genitori naturali conservano la patria potestà,  tranne che nei casi più gravi.

Per gli affidi familiari è sempre più difficile trovare famiglie disponibili all’accoglienza perché non è semplice ospitare un bambino che ha dei trascorsi molto traumatici e che fa fatica a sviluppare nuove relazioni di attaccamento,  anche se ne sente fortemente il bisogno.

Si parla poi di cifre non corrispondenti alla realtà perché il miliardo di euro all’anno è calcolato come se tutti i 30 mila minori fossero inseriti in strutture; poiché invece come sopra precisato i ragazzi in struttura sono 12.400 (con una retta media di 100 euro giornaliere che comprende le spese dirette per i minori quelle per la casa e per gli educatori)  la spesa totale ammonta a euro 452.600.000.

Per quanto riguarda i ragazzi accolti nelle famiglie affidatarie che sono 14.020 (con una cifra media di euro 400 mensili accordata alle famiglie come contributo spese)  la spesa totale è di euro 67.300.000.

Quindi, come si vede, la spesa complessiva è di poco più di mezzo miliardo,  che certo sono soldi pubblici e,  anche se come in ogni altro ambito possono purtroppo esserci dei casi in cui persone poco oneste traggono qualche profitto,  non si può generalizzare e criminalizzare un settore a scapito prima di tutto dei minori quando invece bisognerebbe riaffermare l’importanza e la ricchezza umana dell’accoglienza e dell’affido mettendo in luce il suo valore sociale per convincere altre famiglie ad avvicinarsi a questa esperienza.

Infine vogliamo fare alcune precisazioni anche sui ragazzi inseriti nelle comunità, che ormai da anni sono per legge di piccole dimensioni, proprio per consentire loro di essere adeguatamente accompagnati e sostenuti.

Anche per questi minori il rapporto con gli assistenti sociali del territorio continua con verifiche periodiche sui progetti individuali che le strutture devono predisporre e tenere costantemente aggiornati e che vengono ulteriormente controllati dalle commissioni multidisciplinari  oltre che direttamente dal Tribunale dei minori a cui vengono inviate relazioni semestrali.

Quello che è mancato, e che continua a mancare, è un’applicazione concreta dei diritti affermati dalla Convenzione di New York a tutela dei minori di età: tra tutti, essere protetti da ogni forma di violenza, in nome del suo superiore interesse.

Per fare ciò occorre ripensare seriamente, con obiettivi concreti e verificabili, al sistema di tutela dei minori, al fine di ottenere una riforma immediatamente applicabile, di impatto, e lungimirante.

Risorse umane e finanziarie adeguate agli obiettivi. Competenza. Capacità. Messa in rete. Maggiore comunicazione tra gli organi istituzionali e con le associazioni che si occupano di affido e tutela dei minori. Tavoli permanenti di confronto a più livelli, dal locale al nazionale. Sanzioni ferree e adeguate alle pene in caso di reati. Questi, sono solo alcuni dei punti fermi su cui dovrebbe basarsi la riforma.

Coordinamento toscano Ubi Minor