Affido per neonati o bambini molto piccoli

L’affido di neonati suscita frequentemente perplessità, perché si ritiene che in “struttura”, luogo considerato neutro, il bambino non instauri relazioni affettive significative che potrebbero compromettere l’attaccamento ai propri familiari, quasi fosse necessario tenere libero uno spazio che dovrà essere colmato da tali legami.

Va, invece sottolineato che, da diversi anni, studi e ricerche hanno dimostrato l’importanza, per il neonato ed il bambino piccolissimo, di poter sviluppare relazioni significative fin da subito dopo la nascita, perché su questo si fondano alcune caratteristiche peculiari della personalità (capacità di stabilire rapporti adeguati con gli altri, senso di sicurezza, sviluppo dell’autonomia, ..).

L’affido familiare, allora, diventa la risposta più idonea al bisogno di attaccamento del bambino neonato o piccolissimo, che deve essere allontanato dalla propria famiglia, e costituisce anche un intervento preventivo rispetto a patologie dello sviluppo mentale e psichico.

Approfondimento

La ricerca scientifica degli ultimi 50 anni e i recentissimi studi della neurobiologia hanno dimostrato il bisogno vitale per il bambino del legame di “attaccamento”.

L’esperienza della relazione adulto/bambino è fondamentale alla crescita. Un bambino di tre mesi, in base ad ultimi studi, sa stare in un triangolo relazionale (i precedenti studi in materia consideravano solo la diade madre/figlio). Il bambino in struttura è a rischio ed è marginale rispetto alla vita della famiglia e del triangolo.

È indispensabile un coinvolgimento emotivo reciproco tale che ciascuno dei tre è necessario all’altro. E’ una relazione da situarsi in un contesto dotato di spessore relazionale; quindi deve trattarsi di un luogo specifico e speciale, dotato di una capacità di scambio comunicativo di qualità.

Per un bambino inserito in struttura, comunque la si voglia chiamare, non è possibile il formarsi di attaccamento sicuro perché non risulta possibile fornirgli una proposta di base sicura. Operatori, pur sensibili e preparati, in una struttura si occupano dei bambini secondo un tempo parcellare e frammentato nell’arco di una stessa giornata e sappiamo che troppo spesso il passaggio è vuoto di testimonianze. Per un bambino che nasce senza genitori biologici accoglienti o che sta crescendo in famiglie biologiche inadeguate e deve essere allontanato, si apre un periodo di attesa – che sarebbe preferibile chiamare di transizione, di passaggio – dove vanno assolutamente garantite non solamente l’assistenza materiale, ma anche e soprattutto la cura affettiva, il contesto idoneo a costruire una mappa significativa della sua vita.

La cura della transizione, se misconosciuta, contribuisce ad alimentare il pregiudizio dell’inutilità o perfino della rischiosità dell’inserimento familiare e a privilegiare l’inserimento in struttura.

Ci sono conseguenze in età adulta di un attaccamento “andato male”, oltre alla mai considerata sofferenza negli anni della crescita. Se l’attaccamento è quella situazione relazionale che permette ad un bambino, attraverso le relazioni con le figure di riferimento, genitori o chi per essi, di capire chi è lui, di trarre un’immagine di se stesso, si può allora dire che, in base alle esperienze fatte nelle relazioni, un bambino impara a relazionarsi innanzitutto con se stesso e in secondo luogo con gli altri. Se un bambino cresce in un contesto povero di affetti stabili, prova la sensazione di sentirsi trascurato e pensa di non essere all’altezza, ritenendo che i problemi degli adulti che gli stanno intorno siano derivati da una “sua” mancanza, da una “sua” inadeguatezza, che siano “colpa sua”. Questa è la base per il futuro instaurarsi di un quadro depressivo o altro.

Le caratteristiche indispensabili di un sano attaccamento sono la protezione, in senso fisico e materiale e il sostegno emotivo consapevole (quando il bambino ha paura, quando si sente solo, quando si sente confuso ecc…). Il sostegno emotivo consapevole può venire solo dalla relazione con figure di riferimento, non lo può dare un’istituzione, in quanto mancano relazioni esclusive. Per quanto professionalmente preparati e motivati possano essere gli operatori di una struttura, il bambino non può vivere l’esclusività della relazione, non può sentirsi scelto, e questo è il “grosso buco” che determina profonde insicurezze.

Il bambino ha bisogno di sviluppare costanti relazioni di accudimento (cura = manifestazione dell’esserci); il padre passa al neonato attraverso la madre (relazione triadica) protezione fisica, esperienze individualizzate, adeguate al grado di sviluppo e utili per definire il limite per conoscere se stesso.

OBIETTIVI

Inserire i bambini in famiglia immediatamente dopo la dimissione dall’ospedale, nel caso si tratti di neonati, o dopo l’evidenziarsi della situazione d’emergenza che causa l’allontanamento dal nucleo originario, evitando così il passaggio in struttura.

Ridurre al minimo i tempi utili alla definizione del percorso per bambini nati in stato di abbandono o che si trovino in situazioni problematiche.

Osservare e sostenere le potenzialità degli adulti coinvolti (famiglia d’origine) in vista di una sicura valutazione delle effettive capacità e della disponibilità ad essere genitori.

Assicurare al bambino gradualità ed accompagnamento sia nella fase di inserimento nella famiglia affidataria “ponte”, sia nelle successive fasi: reinserimento nella famiglia d’origine, nella famiglia adottiva, nella famiglia affidataria, sia parentale che eterofamiliare.

AZIONI

Promozione della cultura dell’accoglienza e sensibilizzazione focalizzata in particolare sulla ricerca di famiglie disponibili ad affidi di bambini molto piccoli

Formazione delle famiglie disponibili a questo particolare tipo di affidamento con particolare attenzione alle motivazioni

Accompagnamento e sostegno psicosociale degli affidatari durante la formazione, durante l’affidamento e nel dopo affido per l’elaborazione del distacco ed una utile riflessione sull’esperienza vissuta.

Costituzione  di un adeguato numero di “famiglie ponte”, disponibili cioè ad un affidamento immediato del bambino in attesa della decisione delle autorità preposte.

Accordo tra i vari componenti istituzionali di ritenere come prioritari gli interventi relativi all’affidamento familiare dei bambini molto piccoli:

a) il Tribunale per i Minorenni  per segnalazioni precoci e collocazioni in affido familiare, ma anche per tempestive adozioni quando siano manifeste le condizioni di abbandono o di grave rischio per il minore

b) la Regione per la promozione dell’affido, gli indirizzi delle politiche sociali, il coordinamento e l’integrazione tra i Servizi

c) i Servizi Socio Sanitari territoriali e non (Servizi Sociali dei Comuni, delle ASL, UO di Psicologia, di Neuropsichiatria infantile, UFSMIA, UFSMA, SERT,reparti ospedalieri di Neonatologia, Regione) per la valutazione delle capacità genitoriali (distinguendole dalla capacità di “aver cura di sé”), ma anche per “far passare” la cultura della necessità di una segnalazione precoce delle situazioni di rischio e, ove possibile, addirittura prima della nascita, quando lo stato di gravidanza riguardi donne utenti di tali Servizi che si trovino in condizioni che possono essere di danno per il nascituro o per il suo futuro (pazienti psichiatriche; tossicodipendenti)

Percorsi di sostegno psico-sociale ed eventualmente economico per la famiglia d’origine perché abbia la possibilità di evidenziare l’effettiva capacità di essere “famiglia” e di evolvere rispetto al temporaneo momento di difficoltà.

ORGANIZZAZIONE E MODALITÀ OPERATIVE

I centri affido che collaborano a questa iniziativa mettono l’ipotesi considerata possibile sul proprio territorio.

RUOLO DELLE ASSOCIAZIONI

 Le associazioni che si occupano della tutela dei diritti dei minori avranno parte attiva:

• nella formulazione del progetto

• nella promozione e nella sensibilizzazione

• nella formazione delle famiglie attraverso la comunicazione dell’esperienza vissuta

• nell’accompagnamento delle famiglie affidatarie

• nei momenti critici di un progetto, come risorsa di intermediazione

• nelle elaborazioni in itinere  degli interventi necessari

• nella riflessione sulle esperienze allo scopo di adeguare il progetto ai cambiamenti sociali