Giornata di studio e riflessione alle Officine Garibaldi – Pisa – 30 novembre 2019
Nella bella cornice delle Officine Garibaldi, promossa dall’Associazione Famiglia Aperta in collaborazione con la Società della Salute Pisana, il 30 novembre si è svolta la giornata di studio ed approfondimento dal titolo “Mutamenti sociali nel sistema familiare – Nuove sfide per l’affido”.
L’affluenza è stata buona, complessivamente sono stati presenti:
- 31 tra assistenti sociali ed operatori del settore, iscritti alla lista aperta dalla SdS,
- 39 tra soci, sostenitori e volontari di altre associazioni in rete con Famiglia Aperta
La discussione, condotta da Pietro Galliani assistente sociale che da anni collabora con Famiglia Aperta sui progetti in convenzione, è stata seguita con interesse dai partecipanti.
Ha aperto i lavori l’Assessore Gianna Gambaccini, nella sua qualità di Presidente della Società della Salute Pisana. Ha ricordato come il tema dell’affido sia balzato agli onori della cronaca di recente, ma a suo avviso non bisogna generalizzare e invece affrontare il problema con estrema serietà. Il legislatore dovrebbe rivedere in taluni punti la normativa sull’affido ed è necessario avere mezzi più adeguati per interventi più efficaci.
La Garante per l’infanzia e l’adolescenza per la Toscana Camilla Bianchi, non potendo essere presente per precedenti impegni, ha inviato un saluto che ha letto Raffaella Nardini.
In questo mese di novembre ricorre il trentennale della Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia e adolescenza e questo da ulteriore valore al nostro convegno, che fa riflettere sul tema dell’affidamento familiare. Ricorda che il compito di cura e tutela del minore non riguarda solo le persone che gli stanno vicino, ma tutta la società e le istituzioni in prima istanza.
Sabina Ghilli, Direttrice della Società della Salute Pisana, assicura il suo impegno per far partire il progetto “Coccole in ospedale” e spera che entro l’anno sia firmato il protocollo per attivare il progetto da gennaio prossimo. Ritiene importante la collaborazione con l’Associazione Famiglia Aperta , che porta con i suoi volontari un’esperienza fondamentale.
Poi fornisce alcuni dati sull’affido che evidenziano un calo sia per quelli familiari, che per quelli inseriti in struttura. Bisogna quindi lavorare per capire meglio la problematica.
Maria Atzeni, Responsabile U.O. assistenza sociale sul territorio pisano, apre i lavori dal punto di vista tecnico, intrattenendo i presenti sui mutamenti sociali che hanno cambiato la struttura della famiglia e la sua disponibilità verso l’accoglienza. Oggi sono molte le famiglie monoparentali, a geometria variabile, ricomposte e quindi più complicate. Maggiori le difficoltà di inserimento nel tessuto sociale, sia per difficoltà occupazionali, sia di impegno lavorativo, che si traducono in problemi economici da un lato e in eventi emotivamente depressivi dall’altro. Questo ha cambiato l’approccio all’affido.
Poi c’è il bambino, che spesso viene immaginato dalle famiglie accoglienti in un modo che non corrisponde alla realtà. Lui però ha in mente solo la sua famiglia, il papà e la mamma, di cui dobbiamo tener conto e con cui bisogna relazionarci.
Fa poi degli esempi concreti raccontando la sua esperienza e i momenti di emozioni positive che ripagano delle tante fatiche per seguire i progetti. Il bambino va coinvolto nel progetto di inserimento, a seconda della sua età e capacità, va sentito e per quanto possibile accontentato. Talora gli affidi non funzionano perché il bisogno del bambino è stato disatteso e l’inserimento è avvenuto senza capire le sue esigenze.
Parla anche del Servizio Sociale e della difficoltà degli operatori a lavorare in questo campo. Ma, nonostante vengano attribuite loro tutte le colpe per le cose che non vanno, continuano a lavorare con una motivazione che talvolta stupisce.
Tutto il mondo che ruota intorno all’affido deve cambiare, anche i progetti presentati dalle associazioni vanno ripensati per adeguarsi ai tempi che cambiano.
L’intervento di Anna D’Antona, attuale Presidente di Famiglia Aperta, si apre con il racconto della nascita e della storia dell’associazione. Ricorda la sua costituzione in ODV nel 1993, la spinta data ai comuni per l’apertura dei Centri Affido, ancora non presenti in zona, la Casa-famiglia di Caprona, che nasce per accogliere bambini e ragazzi in un ambiente che si ispira alla famiglia e che si appoggia al volontariato. Parla della collaborazione con i S.S. di Pisa e di Livorno per l’attuazione di azioni di miglioramento nei Centri affido e per la diffusione della cultura dell’accoglienza.
Poi svolge un attento esame dei soggetti dell’affido, partendo dal bambino, passando alla famiglia affidataria e a quella naturale, ricordando i ruoli dei S.S. e dell’Associazione stessa. Di tutti questi soggetti traccia “luci” e “ombre”, ponendo domande.
Conclude con una domanda fondamentale: Il Centro affidi è un servizio essenziale? E, se questo è vero, perché non ci sono fondi sufficienti a portare avanti una politica adeguata sul territorio?
Come ricorda Pietro Galliani, il nostro moderatore, l’intervento successivo ci porta fuori del nostro piccolo contesto provinciale e spazia sulle problematiche nazionali.
Marco Giordano è infatti il portavoce del Tavolo Nazionale Affido. Ricorda un’esperienza molto interessante che ha vissuto partecipando a Roma per 2 anni agli incontri di un gruppo attivato dal Ministero delle Politiche sociali, che ha portato alla emanazione delle linee guida nazionali sull’affido.
Sull’argomento della giornata pone due interrogativi:
– qual è la motivazione di molte coppie che si avvicinano all’affido? spesso è quella di famiglie che vogliono adottare, ma questa motivazione può evolvere;
– è vero che la disponibilità all’affido è diminuita, ma dipende spesso dal minore tempo a disposizione della famiglia e questo non può essere una colpa.
Parla poi degli adolescenti che sono la categoria più disagiata tra quelle che sperimentano l’affido familiare. Oltre ai problemi che derivano dalle famiglie d’origine, si assommano quelli propri dell’età.
La maggior parte delle famiglie che prendono in affido un adolescente lo hanno già conosciuto in comunità o in altri ambiti (scolastici o sportivi). Quindi occorre organizzare momenti d’incontro per poterli conoscere da vicino.
A suo avviso il malessere si deve intercettare in ambito scolastico, con un maggior impegno da parte di insegnanti e di altri genitori, magari i rappresenti di classe.
Abbiamo un eccesso di affidi disposti dal tribunale e pochi consensuali. Ma perché l’affido consensuale sia possibile bisogna che il genitore naturale si fidi dell’assistente sociale che glielo propone; questo implica una conoscenza approfondita che spesso manca.
La politica di prevenzione va attivata dai Servizi Sociali e dai comuni, che si accorgeranno che a medio termine risulta meno dispendioso economicamente.
A suo parere anche le persone che lavorano in rete (A.S., volontari di associazioni, ecc..) devono conoscersi meglio e stimarsi per lavorare bene insieme.
Infine, deve passare nella cultura generale l’idea che l’affido fa bene anche alla famiglia che accoglie.
Prende la parola Massimo Bartoletti, psicologo e psicoterapeuta, che collabora da anni con il Servizio Sociale di Pisa per conto di Famiglia Aperta.
Da psicologo pone l’accento sulle due grandi domande che sono imprescindibili per qualsiasi persona:
– la prima è “chi sono”, e rappresenta l’identità psicologica di ognuno di noi e quindi anche del bambino in affido;
– la seconda è “da dove vengo”, e riguarda il senso di appartenenza.
Queste sono due domande che bisogna porsi quando ci si trova davanti a un bambino in affido. Da questo discende l’importanza che la famiglia affidataria conosca la storia del bambino e quella della famiglia d’origine. In questa attività è essenziale che gli affidatari siano supportati dagli operatori e seguiti dal punto di vista psicologico.
Dice un vecchio professore: “un bambino felice è un bambino pensato“. Cioè deve sentire che si trova in un ambiente accogliente e capire perché non sta più con i suoi genitori.
Parla poi del progetto di accoglienza, che si svolge in 3 fasi:
- la prima fase è quella della “luna di miele”,
- la seconda è quella in cui il bambino ti mette alla prova,
- la terza è quella dell’equilibrio.
Attenzione a quello che si può chiamare “conflitto di lealtà”. Spesso il bambino con genitori fragili viene adultizzato e si sente in colpa per non poter aiutare i genitori in difficoltà. Va aiutato anche in questo caso a superare questo problema psicologico.
Dopo un breve ma interessante dibattito, si è svolta la pausa pranzo.
Alla riapertura dei lavori interviene Pasquale Addesso, magistrato a Como ed esperto in materie giuridiche, fiscali e previdenziali che riguardano gli affidi familiari.
Quando si pensa di accogliere un minore in famiglia si pensa solo agli aspetti psicologici del bambino e alle problematiche di inserimento in contesti diversi da quelli di origine. Invece, spesso si va incontro a problemi burocratici che la famiglia affidataria non può risolvere da sola.
Nei decreti di affidamento quasi mai si fa riferimento alle problematiche fiscali, assistenziali e previdenziali. Quindi gli affidatari si accorgono solo dopo che oltre all’aspetto educativo ci si deve occupare di aspetti giuridici talvolta di difficile soluzione. Anche i professionisti (commercialisti, patronati, ecc..) non hanno esperienza specifica e devono improvvisare. I servizi sociali, in genere, non hanno competenza in materia e, invece, dovrebbero essere formati.
Della questione si è interessato, in collaborazione con il Tavolo Nazionale Affido, riunendo le normative e le osservazioni in un libro dal titolo “Affidamento familiare: Profili fiscali, contributivi, ISEE e amministrativi”.
Purtroppo i problemi possono venire alla ribalta anche dopo che l’affido è finito, mettendo in difficoltà la famiglia accogliente.
Parla poi delle varie questioni di cui si è occupato:
- differenza tra affidamento diretto e collocamento,
- le detrazioni IRPEF per il minore,
- la residenza,
- i congedi parentali.
Tutte queste difficoltà potrebbero far apparire l’affido come un’esperienza eroica, ma occorre supportare gli affidatari fornendo loro le risposte che cercano e quando possibile anticipandole.
Prendono la parola due componenti importanti del Centro Affidi di Pisa, Rachele Vitali assistente sociale, e Cristina Cavallaro, psicologa.
La loro è un’equipe multidisciplinare che precede la decisione del Servizio Sociale sull’idoneità delle famiglie che danno disponibilità all’affido.
Raccontano ampiamente degli strumenti utilizzati per comprendere meglio le motivazioni delle famiglie accoglienti e che le aiutano ad immaginare le situazioni che potrebbero verificarsi nei rapporti con il bambino e la famiglia naturale. Guidano le famiglie a riflettere sui ruoli educativi, affettivi e sociali e le aspettative del bambino. Le dinamiche di attaccamento-separazione, la comunicazione empatica ed altro ancora formano gli argomenti di questi incontri.
La fiducia e l’ottimismo sono la bussola che consente di lavorare nell’ottica della creazione di un cambiamento.
Infine, interviene Raffaella Nardini, vice presidente dell’associazione, che ha lavorato al progetto “Coccole in ospedale”, in collaborazione con Cristina Cavallaro, Laura Guerrini neonatologa, Paolo Ghirri direttore della neonatologia a Pisa (che purtroppo ci ha lasciati di recente).
Racconta che un neonato, pur se nella prima fase della vita non è in grado di esprimere nulla verbalmente, però recepisce gli stimoli e percepisce come noi ci approcciamo a lui. Studi ed esperienze cliniche ci dicono che il neonato che non viene accudito in maniera esclusiva e tattile nei primi giorni di vita, avrà delle ferite che porterà con sé per sempre.
La risposta dei volontari disponibili a coccolare è stata sorprendente, ma ha trovato un ostacolo nella firma del protocollo da parte della Azienda Ospedaliera Pisana, che si spera venga superato presto, come ha detto la d.ssa Ghilli.
Un altro progetto innovativo per Pisa, ma pensato da lungo tempo dalla nostra associazione, è quello delle “Famiglie ponte“, che prevede l’affidamento familiare di bambini piccolissimi (0 -24 mesi) per un periodo breve, possibilmente inferiore all’anno, e consente di evitare lunghe permanenze in ospedale o in comunità ai bambini che si trovino in situazioni di elevata incertezza sulla loro futura collocazione. In questo modo il bambino potrà ricevere quell’accudimento che gli permetterà di creare legami affettivi forti anche nei suoi rapporti futuri.
Dopo un altro momento di dibattito e riflessioni, il convegno si chiude il pomeriggio alle 17,00.